martedì 18 gennaio 2011

dodicesima puntata

La potatura verde, incominciò a dire il Cavaliere, è destinata a completare quella secca, e sovente a correggere gli eventuali difetti ed errori di questa, od a cercare di por riparo a condizioni sfavorevoli della stagione. Essa consiste in una serie di operazioni che si fanno sui germogli che spuntano sul legno vecchio o sui tralci d’un anno. Vediamo le principali
Sule legno vecchio (ceppo e branche) si fa innanzitutto la mondatura o spollonatura. Quest’operazione facile quant’altre mai, che consiste nel sopprimere i succhioni che spuntano su questo ceppo o su queste branche. Questi germogli nella maggior parte dei casi sono inutili, e non farebbero che sottrarre nutrimento a quelli fruttiferi.



Solo nel caso che qualcuno di essi portasse frutto, o ci potesse servire per la potatura avvenire, si dovrà rispettarlo. Ancora, sarà meglio non fare la spollonatura su quelle viti che fossero eccessivamente vigorose, tanto che, per troppa abbondanza di umori, riuscissero poco fruttifere. Ma negli altri casi, la mondatura sarà utile, e si dovrà fare quanto più presto che possibile, cioè finché i germogli saran teneri, si da poterli sopprimere facilmente con le mani. Naturalmente, per poterla fare in queste condizioni, bisognerà farla più volte, spuntando i succhioni in varie epoche. Sul capo a frutto si possono fare diverse operazioni di potatura verde.


Tra le più comuni v’è la scacchiatura. Essa consiste nel sopprimere quei germogli che, pur trovandosi sul capo a frutto, non portano uva. Anch’essi saranno inutili, quindi nella maggior parte dei casi sarà meglio asportarli. Anche quest’operazione è bene farla per tempo, quando ancor i germogli son teneri si da poterli facilmente sopprimere con le mani. Talvolta, su viti deboli e in terreni magri, una scacchiatura fatta a tempo da risultati sorprendenti, tanto da giustificare il detto che la scacchiatura vale una concimazione. Ma su viti molto robuste, più disposte a far foglie che frutto, è meglio non fare la scacchiatura, perché essa potrebbe far più male che bene. E nei casi dubbi, è meglio attendere che la fioritura della vite sia finita, per non provocare, con una scacchiatura inopportuna, la colatura dei fiori.


Altra operazione che si fa sui germogli del capo a frutto è la castrazione. Essa consiste nell’asportare con le unghie l’estremità dei germogli del capo a frutto. Badate che per estremità intendo proprio quella specie di piccolo ventaglio con cui il germoglio finisce. Naturalmente, portata via la punta, il germoglio non da più nuovi internodi e delle nuove foglie. Con quest’operazione si vorrebbe impedire che gli umori si disperdessero nelle foglie della parte superiore dei germogli, anziché accumularsi nei grappoli. Ma non bisogna esagerare a questo riguardo. Alcuni troncano il germoglio sulla seconda o terza foglia superiore del grappolo. E’ questa una castrazione molto rigorosa, che può riuscire dannosa, impedendo un buon accumulo di zucchero nel grappolo, sicché questo finirà col riuscire meno dolce. Quindi, meglio castrare sulla quinta o sesta foglia. E se si tratta di viti deboli e di terreni magri, meglio non castrare affatto, perché di foglie la vite non ne avrà certo troppe.



Molti viticoltori però invece della castrazione fanno la cimatura. Apparentemente, l’operazione si equivale alla precedente; in realtà invece così non è. Difatti la cimatura consiste bensì nello spuntare i germogli alla quinta o sesta foglia sopra l’ultimo grappolo; ma questa spuntatura si fa assai più tardi che non con la castrazione; si fa cioè quando già le foglie superiori si sono sviluppate. In una parola: s’asporta non la sola punta ridottissima del germoglio, ma un vero e proprio pezzo di germoglio. Per ragioni troppo evidenti, quindi, se la castrazione è talvolta pericolosa, la cimatura è sicuramente dannosa. Quindi, tranne casi eccezionali, è meglio non farla: E’ meglio cioè far la castrazione anziché attendere e fare la cimatura.



Diverso è il caso della cosiddetta ricimatura. Essa sarebbe la cimatura delle femminelle. Ora, questa spuntatura delle femminelle in generale riesce utile, specialmente se fatta presto, quando cioè queste sono ancora poco sviluppate, perché impedisce un eccessivo affastellarsi di vegetazione, e permette di meglio eseguire i trattamenti contro le malattie della vite.
Un’operazione poi che è fin troppo diffusa tra i viticoltori è la sfogliatura. Qualcuno di voi, a questo riguardo, meriterebbe una tiratina d’orecchi. Allorché l’uva incomincia a maturare, lo coglie una specie di frenesia di metter a nudo i grappoli delle sue viti. Par che voglia mostrar a tutti quella grazia di Dio che ha saputo ottenere con tanti mesi di lavoro; e butta a terra senza misericordia buona parte delle foglie della vite.

Io capisco quel tantin di giusta ambizione che ciascun di voi può provare, ma essa non deve giungere sino al punto di danneggiare il vostro stesso interesse. Ed è per ciò che vi raccomando di essere molto prudenti nella sfogliatura. Limitatela a quei casi in cui la maturazione dell’uva si presenti stentata e pigra; e anche in questi casi fatela con parsimonia, togliendo il puro necessario, e non privando del tutto di foglie i tralci fruttiferi. Pensate sempre che son foglie che danno da mangiare alla pianta, e quindi anche ai grappoli, e non sacrificatele senza bisogno. V’è ancora un’operazione di cui voglio dirvi qualcosa, benché essa oggi non sia più sconosciuta a qualcuno di voi. Ma è appunto perché, scusate se ve lo dico con tutta franchezza, l’ho vista applicata poco a proposito, che voglio parlarvene.




Alludo all'incisione anulare. Che cosa è questa faccenda? E’ l’asportazione di un piccolo anello di corteccia alla base dei capi a frutto, o alla base dei singoli germogli fruttiferi. Quest’operazione si fa per lo più poco prima della fioritura, servendosi di apposite tenagliette. Facendo tale operazione, si viene ad interrompere la discesa dei materiali nutritivi preparati dalle foglie, i quali, invece di andare a finire nel tronco e nelle radici, si fermano a meglio nutrire i grappoli del capo a frutto. Ed un effetto visibilissimo di quest’operazione lo si ha difatti nel volume dei grappoli e degli acini, il quale , sulle viti che han subito l’incisione, è di gran lunga superiore. Cresce quindi, e di non poco, la quantità del prodotto. Ma…. vi son diversi “ma”. Anzitutto cresce la quantità, ma peggiora la qualità. L’uva è più abbondante, ma meno dolce e più acida; quindi i vini riescono meno buoni. Per di più, la vite deve necessariamente subire un indebolimento, perché noi impediamo ai materiali nutritivi di distribuirsi in tutto il corpo della pianta.
E allora? Allora l’incisione anulare deve essere adottata in casi eccezionali; precisamente quando le viti, o per debolezza naturale o per l’andamento avverso della stagione ( primavera piuttosto piovosa), minacciassero di perdere i fiori e di non dare frutto. Allora si può tentare l’incisione con molte probabilità di successo. Ad ogni modo, non la si dovrà ripetere per vari anni consecutivi, se non si vuole spossare la vite. E si dovrà possibilmente astenersene se si vogliono produrre vini fini. Potrei parlarvi di altre pratiche, che si possono anche dire di potatura verde, come il diradamento dei grappoli e degli acini, l’impollinazione artificiale, ecc. ecc. ma sono operazioni che si fanno pressoché esclusivamente per uve da tavola molto pregiate, e che poco interessano la grande pratica viticola: e perciò finisco, anche per compensarvi delle troppe chiacchiere dell’altra sera. A ben rivederci, dunque.

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