La sera scorsa, incominciò il Cavaliere, avete visto come ciascuno di voi può preparasi le barbatelle innestate occorrenti a ripiantare i suoi vigneti: Stasera dobbiamo dire qualcosa su quest’impianto di nuovi vigneti. Ma prima di tutto mi sento in obbligo di premettere un esordio. Prima di accingerci all’impianto di un vigneto, vorrei che ciascuno di voi facesse una specie di esame di coscienza. E si domandasse: “Faccio bene o faccio male?”. E vorrei che prima di rispondere, cercasse di ricordarsi di quelle tristi annate, che purtroppo si son ripetute così sovente in questi ultimi tempi; di quelle annate, dico, in cui sembrava che aver vigne volesse dire aver dolori; produrre uva, sembrava roba da pazzi; vendere vino, impresa da disperati. Vorrei che pensaste a tutto ciò, e riflettesse che il passato può da un momento all’altro ridiventar presente: Vorrei, in una parola , che ciascun di voi, prima di piantare una vigna, si domandasse se con questo lavoro egli farà un buon affare per sé e una buona azione per il suo paese, o se per avventura non farà tutto il contrario. E come si fa a saper questo? Domanderà qualcuno tra voi. Ve lo dico io. Se il terreno che voi volete piantar a vigna può da buone produzioni di grano abbondante foraggio per la stalla, e voi non piantate viti ma seminate grano o fate un bel prato. E se in passato ottenevate dal vostro vigneto dei vini scadenti, mali in gambe, che a stento trovavate a vendere, e voi non ripiantate viti ma piantate qualunque altra roba: magari un bosco, se non potrete metter di meglio, e farete un’opera buona. La vigna, in una parola deve essere riservata a quei terreni dove può dar buoni prodotti e dove invece non si potrebbero utilmente coltivare altri prodotti. Dopo quest’esordio, mi permetterò di darvi qualche consiglio sull’impianto dei vigneti.
Scelto che abbiate il terreno, bisogna che pensiate a ben prepararlo. Ed anzitutto, se è necessario, a sistemarne la superficie, perché le acque di pioggia non riescano di danno, ma anzi riescano benefiche. Se il terreno è in piano, vedete di dargli una sufficiente pendenza verso un angolo, e di munirlo di numerosi fossatelli di scolo, che sbocchino in uno maggiore che limita l’appezzamento, in modo che l’acqua non ristagni. Se è in colle, non lasciate che le acque corrano all’impazzata giù per la china, asportando terra e scavandosi solchi in ogni senso, ma guidatele in fossetti orizzontali, che di tanto in tanto comunichino con quelli inferiori mediante brevi tratti inclinati. E non disponete i filari secondo la massima pendenza del terreno; ma fateli orizzontali, cioè perpendicolari a questa pendenza. Ma sistemar la superficie non basta.

Occorre un buon lavoro fondamentale al terreno. Occorre uno scasso. Tutti i migliori viticoltori anche dei tempi antichi han sempre dato molta importanza a questo lavoro di scasso. A più forte ragione dovrete dargliene voi, che dovete usar viti americane, in generale più esigenti in fatto di terreno. Questo lavoro di scasso può essere totale o parziale. Quando appena sia possibile, il primo è certo migliore. Sarà d’obbligo, ogni qualvolta si voglia piantare un vigneto intensivo, in cui cioè le viti dovranno essere molto vicine tra loro. Non fate troppa economia in questo lavoro. Fatelo profondo non meno di sessanta centimetri; e se occorre, anche ottanta, e magari un metro. Se però voi intendete piantare un vigneto con filari molto distanti fra di loro, potete far a meno di questo scasso totale, e potete limitarvi ad uno scasso a fosse. Aprite cioè delle fosse larghe da un metro ad un metro e cinquanta e profonde settanta o più centimetri. Se vi è possibile, incominciate il lavoro con l’aratro e finitelo a braccia: risparmierete non poco nella spesa. Ciò che vi raccomando è di far presto questo lavoro.

Non aspettate al momento dell’impianto; ma, specialmente se il terreno è compatto, fatelo in agosto, in modo che le zolle vengano a sentire l’effetto benefico del sole, delle piogge e dei geli. Una buona preparazione del terreno richiede però anche una adeguata concimazione. E tanto più questa sarà necessaria per l’impianto della vite, trattandosi questa di pianta che deve restare sul terreno per molti anni. Ma della concimazione in vigneto mi riserbo di parlarvi un’altra sera. Supponiamo per ora che voi abbiate opportunamente provvisto anche a questa. Sarete dunque al momento di affidare al terreno le giovani piantine di vite. Qui però si affacciano altri gravissimi problemi. Ed anzitutto: quali vitigni, ossia quali varietà di viti dovete scegliere? Evidentemente, non è possibile una risposta unica per tutti. Ma quello che posso, anzi devo raccomandarvi, si è di por molta attenzione a questa scelta del vitigno o dei vitigni.
Anzitutto, nel vostro vigneto ponetene pochi ma buoni: Non dico di limitarvi ad uno solo; che anzi nella maggior parte dei casi sarà più prudente averne due o tre diversi. Ma non un esercito di vitigni! Non ripetete l’errore, purtroppo così frequente nei vecchi impianti, di far dei vigneti più variopinti del vestito d’Arlecchino. Pochi vitigni, ma buoni ho detto. E la bontà di un vitigno è tutta relativa. Sarà un buon vitigno quello che s’adatta alla vostra regione; ai sistemi di allevamento più convenienti per voi; che è capace di dar un prodotto di buona qualità e discretamente abbondante e costante. Badate che non a caso ho messo prima la buona qualità: Purtroppo in questi ultimi tempi la qualità è stata sovente sacrificata alla quantità; ed è stata questa una delle principali cause di quelle terribili crisi dell’abbondanza che si sono rese così tristemente famose in tutt’Italia. Nella scelta dei vitigni, pensate anche se non vi convenisse piuttosto produrre uve da tavola anziché da vino. Quanto dovrei parlare sulla coltivazione delle uve da tavola! E come vorrei insistere per farvi comprendere tutta l’importanza che oggi essa ha per noi! Ma il tempo mi costringe a limitarmi al consiglio di pensare un po’ più seriamente che non in passato a questa coltivazione, visto che essa dovrà diventare sempre più redditizia, visto che va sempre aumentando la richiesta di uve da tavola in Italia e all’estero.
A questo riguardo debbo però avvertirvi che non dovrete lanciarvi così a casaccio nella coltivazione delle uve da tavola, senza prima esservi resi conto della possibilità di poterla esercitare con profitto. E questa possibilità dipende, non solo dalle favorevoli condizioni naturali, di clima e terreno, della località dove voi vi trovate, ma anche dalle sue condizioni economiche, e cioè dalla possibilità di poter bene organizzare il commercio di queste uve. Si tratta di un prodotto molto delicato e che per lo più si deve vendere il più rapidamente possibile. Ora, se questa vendita non si può fare in luogo, voi dovete pensare se potrete facilmente organizzare il trasporto di queste uve sino ai centri di consumo. Il che di solito non si può fare convenientemente, se la quantità di uva da spedire non raggiunge una certa importanza. Scelto il vitigno o i vitigni pel vostro futuro vigneto, restano da risolvere altri problemi. Quale sistema di coltivazione e di potatura vorrete adottare in tale vigneto? Ed anzitutto: vorrete fare della viticoltura specializzata o della viticultura consociata?: Questione molto interessante, questa: Si dice viticultura specializzata quella in cui la vite è l’unica pianta coltivata nel vigneto, ed ogni altra pianta, erbacea o legnosa, viene esclusa: Fino a qualche tempo fa, i migliori viticultori erano quasi dei fautori di questa specializzazione: Oggi non è più così. Perché? Perché oggi le condizioni della viticultura non sono più quelle di un tempo.

Oggi il prodotto della vite difficilmente raggiunge prezzi molto rimuneratori; viceversa tendono a crescere i prezzi di molti altri prodotti agricoli, specialmente di piante erbacee; e crescono continuamente i salari di quella mano d’opera che per la viticultura è tanto necessaria. In queste condizioni, diviene evidente la convenienza di far posto nei nostri vigneti anche a qualche altra coltivazione, soprattutto erbacea. Quest’altra coltivazione ci obbligherà a lasciar nel vigneto interfila più larghi. Diminuirà così il numero delle viti nel nostro vigneto, ma questo ci darà anche altri prodotti, che ne innalzeranno il reddito non di poco. Non solo, ma con gli interfilari più larghi si renderà possibile l’adottare per molti lavori, specialmente al terreno, gli animali, risparmiando della mano d’opera, e diminuendo così sensibilmente le spese annuali.
La viticultura consociata a piante erbacee si presenta dunque oggi, in generale, la più conveniente: Bisogna però scegliere bene queste piante erbacee. Alcuni coltivano fra i filari granturco e frumento: e basta. Pessimo sistema. Si rovina il vigneto e si ottengono dei miserabili raccolti di cereali. Il frumento può essere utilmente coltivato nei vigneti, ma quando lo si avvicendi con una buona leguminosa, per esempio, col trifoglio pratense. Avrete così dal vostro vigneto uva, grano e trifoglio: tre eccellenti prodotti; e nessuna delle tre coltivazioni ne soffrirà. Intendiamoci, però: non ne soffrirà, se non sarete avari di concimazioni, specialmente chimiche, al terreno. Occorre quindi che alla semina del grano voi somministriate cinque o sei quintali di perfosfato per ettaro, uno o due quintali di solfato di potassio e quattro o sei quintali di gesso (badate che son cifre approssimative1). Ed occorre anche che non seminiate il grano a ridosso delle viti, ma che lasciate, sopra e sotto la fila dei ceppi, una striscia di terreno nudo larga circa mezzo metro.

Nell’Italia meridionale s’usano invece utilmente fichi e mandorli. Scelto il sistema più conveniente di coltivazione, dovrete scegliere un buon sistema di potatura. Anche per questo è bene che decidiate prima d’incominciare l’impianto, per sapervi ben regolare nelle distanze a cui porre le viti. Parleremo un’altra sera della potatura. Per ora diciamo che questa scelta di un buon sistema di potatura dovrà essere fatta tenendo in conto anzitutto della natura e delle esigenze del vitigno; della natura del terreno e del clima; e delle condizioni economiche della località ( abbondanza o meno di mano d’opera; facilità di avere a prezzi convenienti sostegni adatti al sistema di potatura, possibilità di ottenere dalle viti prodotti di gran merito e di alto prezzo, o prodotti di largo consumo, ecc.) Ad ogni modo, badate sempre di scegliere un sistema che, pur consentendovi di ottenere abbondanti prodotti, non peggiori di troppo la qualità, per le ragioni espresse in precedenza. Risolto anche questo problema, potete incominciar davvero le operazioni d’impianto. Anzitutto, dovrete segnare i punti in cui porre le viti. Dovrete quindi decidere le distanze e la disposizione da dare al piantamento. Le prime dipenderanno soprattutto dal sistema di potatura, dalla vigoria del vitigno e dalla fertilità del terreno.
Ad ogni modo, non esagerate nella fittezza del piantamento, soprattutto oggi in cui adopererete viti americane. Quanto alla disposizione del piantamento, questa deve essere più regolare che sia possibile. Le viti alla rinfusa dei vecchi vigneti sono incompatibili con la viticoltura moderna ed economica. Se il sistema di potatura richiede che le viti restino isolate ( come tanti alberelli), adottate una disposizione in quadrato o a quinconce. Se invece le viti devono essere allevate a filari, adottate filari equidistanti; se in piano, diretti da tramontana a mezzogiorno, se in colle, seguenti tante linee orizzontali, cioè perpendicolari alla massima pendenza. Una parola anche sull’epoca di piantare le viti. Potendo, è sempre meglio piantare in autunno. E difatti i buoni viticultori piantano in autunno nei climi caldi e anche nei climi freddi, tranne che proprio nelle località in cui l’inverno rigidissimo potrebbe far temere la morte delle piantine per il gelo. Dove si pianta in autunno, e si vuol essere sicuri che il freddo non danneggi le barbatelle, si coprono queste appena piantate con letame paglioso. O strame o foglie secche. Ho detto: le barbatelle.
Qualcuno di voi potrebbe forse domandarmi se non è meglio piantar talee. Ho già altra volta accennato a questo punto: ripeto ora che, nella maggior parte dei casi, è più prudente piantar barbatelle da vivaio, meglio se già innestate ; cioè barbatelle americane innestate con le varietà europee che noi desideriamo. Badate che non dico : barbatelle europee. Ciò equivale a consigliare a voi tutti d’attenervi alle viti americane. Non già che proprio in ogni luogo sia oggi indispensabile piantar viti americane. V’è qualche caso in cui, per ragioni speciali, si ha motivo di credere che la fillossera non giungerà chissà per quanto tempo ancora; e in questi casi sarebbe inutile ricorrere alle viti americane: Ma….sono mosche bianche, questi casi, di cui è bene voi non teniate conto. Ed eccoci finalmente giunti all’operazione dell’impianto. Tutto sarà dunque pronto: Le vostre barbatelle innestate saran già sul posto, e non retore che piantarle. Non sarà male averle in precedenza lasciate immerse per qualche ora in acqua con disciolto un po’ di solfato di rame ( mezzo chilo per ettolitro).

Ad ognuna di esse poi si taglieranno le radici guaste o ferite, e si accorceranno quelle sane. Nel punto in cui dovrà collocarsi la vite si apre una fossetta, avente una profondità un po’ maggiore di quella in cui deve porsi la barbatella, e sul fondo di essa si versa un po’ di letame ben maturo, che si copre di terra fine, disposta a formar una specie di cono. Su di questo si adagerà la barbatella, in modo che le radici riposino sulla terra fine; poi su di esse si verserà altra terra buona, che si comprimerà leggermente con le mani. Badate che la barbatella dovrà essere posta in modo che il punto d’innesto rimanga di cinque sei centimetri al di sopra del livello generale del terreno. Colmata la fossetta, si rincalza la barbatella fin sopra il punto d’innesto. Il tralcetto migliore della barbatella dovrà essere potato a poche gemme ( da una a quattro a seconda del sistema di potatura che si vuol adottare) e dovrà affidarsi ad un sostegno che sarà stato piantato a lato della barbatella entro la fossetta. Cos’ eseguito l’impianto, non resterà che prodigare alle giovani viti quelle cure che abbiam già ricordate per le giovani viti nei vivai; soprattutto non trascurare i trattamenti anticrittogamici che son di assoluta necessità; mantener pulito e soffice il terreno, sopprimere le radici che spuntassero sopra l’innesto e i succhioni che spuntassero al si sotto; sostenere i germogli che si svilupperanno dalla marza.
Sarà pure importante in questo primo anno osservare se qualche vite è falsa; se qualcuna cresce male o muore, per poter sin dall’autunno del primo annuo eseguire le necessarie sostituzioni. Naturalmente, alla fine del primo anno alle giovani viti si dovrà fare una conveniente potatura, si da avere al più presto il nuovo vigneto in completo sviluppo e in buona produzione. Ad una prossima sera, dunque, l’argomento della potatura.
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