
SETTIMA PUNTATA
L’innesto della vite Eccoci a parlare dell’innesto della vite , incominciò senza tanti preamboli il Cavaliere. Argomento importantissimo oggi, poiché è proprio l’innesto delle viti nostrane sulle americane che hanno salvato la viticoltura europea dalla fillossera. In che cosa consista l’innesto voi lo sapete: consiste nel trasportare da una vite un pezzo di tralcio con uno o più gemme su di un’altra vite, facendo in modo che esso si saldi perfettamente e si sviluppi come se si trovasse sempre sulla piante madre. Pratica antichissima, questa, e che anche in viticoltura si usava sovente, soprattutto per ringiovanire viti vecchie o per cambiare qualità del vitigno; una pratica che è divenuta indispensabile, per poter utilizzare viti americane resistenti alla fillossera, continuando ad ottenere da esse quei prodotti che finora abbiamo sempre ricavato dai nostri vigneti.
Molto dovrei parlarvi anzitutto dei fenomeni che avvengono in quella mirabile operazione dell’innesto; ma il tempo che abbiamo a disposizione è breve, ed io devo passar oltre. Non posso però far a meno di accennarvi alle condizioni principali di riuscita degl’innesti. Prima di tutto, bisogna che le due piante che devono essere innestate fra loro possano andare d’accordo, ciò che non avviene se fra di esse non v’è un certo grado di parentela. Per quanto riguarda il caso nostro , in generale tutte le viti possono innestarsi fra di loro, ma, trattandosi di viti americane con viti europee, non tutte danno egualmente buoni risultati e cioè non in tutte l’attecchimento è ugualmente buono. Quindi, necessità di scegliere, caso per caso la vite americana che più s’adatta a quella europea che dobbiamo innestarvi sopra. In secondo luogo, perché l’attecchimento avvenga bene, occorre far in modo che le due parti che s’uniscono con l’innesto combacino fra loro perfettamente senza lasciare uno spazio vuoto, che farebbe ben presto disseccare l’innesto.
A questo proposito, è bene ricordare che devono soprattutto ben combaciare fra loro i tessuti vivi dei tralci, e cioè quella parte che volgarmente si dice corteccia, e che arriva sino al legno (difatti, il legno ed il midollo sono tessuti morti, che non hanno un’importanza assai minore nei riguardi dell’innesto). Per ottenere questo perfetto combaciamento, occorre essere dei bravi innestatori ed avere dei buoni strumenti. Solo così si faranno tagli ben netti, senza irregolarità, senza sfibrature. Bisogna anche evitare che sulle superfici tagliate caschino sostanze estranee (terra, sabbia, ruggine dei coltelli, ecc.). Favorisce anche l’attecchimento dell’innesto una buona temperatura: l’ideale sarebbe una temperatura di 20 a25° C. perché allora la saldatura dell’innesto avverrebbe molto rapidamente. E non bisogna neppure che manchi un giusto grado di umidità, ne aria moderata, perché l’innesto possa “respirare”.

Quest’innesti si fanno per lo più in marzo aprile, dopo il pianto della vite. Ma assai più interessanti sono oggi degli altri innesti legnosi, in cui la marza e soggetto sono della stessa dimensione, e per lo più sono costituiti da due talee. Voglio parlare degli innesti inglesi. Abbiamo tre tipi d’innesti inglesi: inglese semplice, inglese a spillo midollare, inglese a doppia fenditura. In tutti e tre i casi, marza e soggetto si tagliano, presso un nodo, a becco di clarino, facendo in modo che le due superfici di sezione si corrispondano perfettamente, sicché, presentando la marza al soggetto, entrambi combacino esattamente. Per eseguire questi innesti si usa un coltello speciale, detto Kunde, presentante una lama piana da un lato e leggermente convessa dall’altro, e terminante con una specie di unghia. Ben inteso, il coltello dev’essere sempre mantenuto affilatissimo, e non deve mai presentare il benché minimo dente.
Nel caso dell’innesto inglese semplice, non si fa altro che ravvicinare le due superfici di sezione, e legare strettamente il punto d’innesto. Ma questo tipo è pochissimo usato, perché poco solido. Nell’innesto a spillo midollare, fatti i tagli come s’è detto, s’infigge nel midollo un pezzo di filo di ferro galvanizzato lungo 6 centimetri. In questo modo l’innesto acquista una maggiore stabilità. Ma neppure questa forma d’innesto s’è diffusa da noi. Quello invece che ha incontrato larghissimo favore è l’innesto inglese a doppia fenditura, che è certamente la forma d’innesto più usata dopo che la fillossera ha invasi i nostri vigneti. Per eseguirlo, s’incominciano a tagliar le due talee, che devon servire rispettivamente da marza e da soggetto, col taglio a becco di clarino solito; poi a circa un quarto superiore della superficie del taglio si opera una fenditura dall’altro al basso, lunga un centimetro circa, e facendo leva coll’innestatoio si scosta leggermente la linguetta così ottenuta. Sollevate così queste linguette nella marza e nel soggetto, si fa penetrare l’una nella fenditura dell’altra, in modo da ottenere un perfetto combaciamento fra i due membri.
Se l’innesto è ben fatto, esso deve presentarsi abbastanza resistente a leggeri urti, anche senza bisogno di venire legato. Una parola anche sugli innesti erbacei. Essi differiscono dai precedenti, perché invece di essere eseguiti fra le parti già lignificate, sono eseguiti fra germogli ancora erbacei. Dico subito che in generale questi innesti erbacei sono più usati nei paesi meridionali che non da noi. Tuttavia, da alcune prove che abbiamo fatte, abbiam visto come non sarebbe impossibile adottarli anche nei paesi settentrionali. Il vantaggio più notevole che essi presentano si è di permettere di ripetere l’innesto durante l’estate, quando sia fallito l’innesto legnoso eseguito nell’inverno o all’inizio della primavera. Uno dei più usati è l’innesto inglese erbaceo o innesto Condurso. Si eseguisce nell’identico modo si quello legnoso, ma sopra germogli verdi. Dopo si lega con lana non ritorta. L’epoca più adatta, nei paesi meridionali cade in giugno. E’ molto usato in Sicilia. Pure in Sicilia, e anche in Puglia, vanno ora diffondendosi degli innesti erbacei a gemma: a scudo, a zufolo.

Anch’essi s’eseguiscono in giugno e luglio, operando in modo analogo a quello usato per le piante da frutto. Non ho tempo di parlare a lungo di essi: mi preme invece riprendere i nostri innesti inglesi legnosi, che, han tanta importanza per noi. Quando e dove si fanno questi innesti? Gl’innesti inglesi fra due talee, gl’innesti-talea come si chiamano, posso eseguirsi comodamente seduti davanti ad un tavolino, anche durante la stagione invernale, quando il tempo è meno prezioso per i viticoltori. E’ perciò si dicono anche innesti da tavolo. Di solito però è meglio attendere ad eseguirli poco prima dell’epoca d’impianto: cioè da fine febbraio a metà aprile. Una volta eseguiti, quest’innesti-talea (i quali dunque sono tipicamente costituiti d’un soggetto americano e di una marza europea o nostrana che dir si voglia)possono venir affidati al terreno come se fossero delle semplici talee. Così si faceva da principio, e così si fa ancora oggi da alcuni.
In questi casi però conviene prima legarli sul punto d’innesto. La legatura si fa con una fibra speciale detta rafia: molto indicata perché è tenace senza che danneggi l’innesto, e perché è molto economica. Però con quest’impianto immediato si corre il rischio di avere molte fallanze, soprattutto se la stagione poco benigna ostacola la saldatura degli innesti. S’è allora pensato se non si potesse far avvenire questa saldatura prima di affidare gli innesti al terreno. Ed ecco l’origine e lo scopo di questa pratica, che avrete forse sentito nominare: della forzatura degli innesti. Come si effettua? In vari modi. Chi ha da preparare un gran numero d’innesti, soprattutto chi fa commercio di viti innestate nell’Italia settentrionale, ricorre spesso la forzatura in apposite serre riscaldate artificialmente
Non mi soffermo a descrivervi questo processo, che è delicato e costoso. Qui tutto si fa in grande. Squadre di operai e operaie, sovente macchine apposite per eseguire gl’innesti (poco buone, in generale, tranne forse una che risponde al grazioso nome di Feitzelmeyer), casse particolari in cui gl’innesti-talea vengono stratificati, per lo più con segatura di legno; poi serre vetrate, con riscaldamento a stufa o meglio a termosifone…..Non sono cose per voi. Per voi c’è un metodo assai più semplice e più economico: l’insabbiatura degli innesti. Essa si può fare in due modi: o con appositi cassoni di legno ricoperti di vetro, o, anche più semplicemente, senza cassoni. Nel primo caso, si costruiscono dei cassoni di legno larghi e lunghi 3 metri, privi di fondo. Il terreno su cui devono appoggiarsi si scava in modo d’aver un’inclinazione tale che dalla parte di tramontana sia profondo 10 centimetri, e da quella di mezzogiorno circa 1 metro.
La parte superiore del cassone presenta un coperchio costruito da un’invetriata mobile, inclinata, come il fondo, verso mezzogiorno. In questo modo, i raggi del sole cadono sui vetri quasi a piombo. Per riempire i cassoni, si comincia col mettere sul fondo uno strato di circa 10 centimetri di sabbia; poi su di essa si dispongono in piedi gl’innesti-talea (senza legarli), riempiendo gli spazi tra l’uno e l’altro con sabbia pulita, non troppo fine. Riempito tutto il cassone, si versa ancora superiormente uno stratarello di 5 o 6 centimetri di sabbia; indi s’innaffia leggermente; infine si mettono a posto le invetrate. Allora non resta altro che ripetere di tanto in tanto qualche leggera innaffiatura, se la sabbia tendesse a diventar troppo secca. E così, grazie al calore solare, in venti giorni o un mese, a seconda del clima del luogo, la forzatura è compiuta, e gl’innesti sono pronti ad essere piantati. L’altro sistema è anche più economico: senza ricorrere a dei cassoni, si limita con poche assi verticali un pezzo di terreno davanti ad un muro rivolto a mezzogiorno, e si versa su questo terreno della sabbia in cui si collocan gli innesti riuniti in fascetti di 50 ognuno.
Anche qui, dopo aver disposto verticalmente gli innesti, si versa su di essi dell’altra sabbia in modo di ricoprirli per 5 o 6 centimetri. Ed è qui tutto. Solo nei casi di piogge molto violente di potrà proteggere questa sabbia con delle stuoie. La durata della forzatura in questo caso va dai 30 ai 40 giorni. Comunque si faccia, finita la forzatura, gl’innesti saran pronti ad esser piantati. Anche in questo si possono seguire due vie. O piantar questi innesti-talea direttamente sul terreno che deve diventare un vigneto, senza far loro subire più alcun trapianto (piantamento a dimora); o piantarli dapprima in un vivaio, dove resteranno uno o due anni, prima di venir tolti e trapiantati a dimora. Dico subito che nella maggior parte dei casi è preferibile questo secondo sistema: cioè il pianta mento in vivaio. Solo nel caso di aver vigneti in condizioni di terreno particolarmente favorevoli, e d’aver comodità di prodigar a questi innesti tutte quelle cure che son del caso, cure che in un vigneto un po’ grande diventa più lunghe e più costose, il pianta mento a dimora potrà essere preferito.

Ma nella maggior parte dei casi i migliori risultati si ottengono dall’impianto a vivaio. Il vivaio da innesti deve essere ancora meglio scelto preparato che quello per talee. Deve avere un terreno piuttosto leggero, se occorre irrigabile, pianeggiante, ben concimato con concimi chimici, o con letame corretto con perfosfato. Deve, naturalmente, essere ben lavorato a non meno di 40 -50 centimetri di profondità. Preparato il terreno pel vivaio, si procede all’impianto degli innesti. Questo si deve eseguire in linee equidistanti o in linee abbinate, od a due a due vicine tra loro. Nel 1° caso le file disteranno 60 -65 centimetri l’una dall’altra; nel 2° caso una coppia dall’altra disterà 30 centimetri; le due file d’una coppia di 15 centimetri. Gl’innesti sulla fila disteranno l’un l’altro da 5 a 10 centimetri. Per piantare gli innesti, si scaverà una fossettina lunga quanto la fila, e profonda quanto è necessario perché gli innesti, una volta piantati, abbiano il punto di’innesto di 5 a 6 centimetri più alto del livello del terreno.
Messi a posto gli innesti, si chiude la fossetta con la terra di scavo; si calca questa leggermente attorno agli innesti, che poi si ricanzano. Dopo eseguito l’impianto, non si deve credere di poter abbandonare a sé il vivaio. Al contrario, esso richiede cure assidue e pazienti. Il terreno deve essere mantenuto sempre ben pulito dalle male erbe e bene smosso alla superficie per impedire che faccia crosta; se l’umidità sembra troppo scarsa, occorre fare qualche leggera e moderata irrigazione; se malgrado questo, le piantine sembrano crescere stentate, occorre far qualche concimazione di pronto effetto, spargendo per esempio sul terreno del pozzo nero. Bisognerà sopprimere i succhioni che uscissero dal soggetto; operazione che si dovrà fare scalzando leggermente gli innesti. E nello stesso tempo si farà anche la sbarbettatura, tagliando le piccole radici che fossero uscite dalla marza, evitando così l’affrancamento dell’innesto.

Una prima sbarbettatura si fa di solito ai primi di luglio; una seconda ai primi di agosto, e dopo di questa non si rincalzeranno più gli innesti. Di grandissima importanza sono poi i trattamenti contro la peronospora. Essi dovranno ripetersi quante volte è necessario per non mai lasciare sviluppare questa malattia, che sarebbe fatale per le giovani piantine. S’arriverà così alla fine dell’autunno, alla caduta delle foglie. Se le barbatelle avranno in questo primo anno di vivaio assunto uno sviluppo discreto, si da ritener possibile il trapianto a dimora, allora si estirperanno; in caso diverso occorrerà attendere un altro anno, lasciandole ancora in vivaio. All’atto dell’estirpamento, si farà anche una scelta accurata delle barbatelle, scartando quelle che siano difettose, o malate, o troppo meschine, o che non presentino ben saldato l’innesto. Così si potrà essere sicuri di disporre di un eccellente materiale per l’impianto di nuovi vigneti. Mi sono dilungato alquanto su questo argomento della preparazione e dell’allevamento di barbatelle innestate, perché io troverei molto opportuno che ciascuno di voi, nel suo piccolo, si preparasse da sè il materiale che gli occorre per rinnovare i suoi vigneti; e se impiantasse il suo piccolo vivaio.
Voi che siete tanto bravi in tutte le faccende di campagna, non dovreste trovar difficoltà neppur in questo. Ed è inutile che vi dimostri tutto il vantaggio che ne ricevereste, adoperando queste barbatelle preparate e scelte con ogni scrupolo da voi, anziché acquistandole da negozianti più o meno coscienziosi, ma sempre curanti innanzi ogni cosa il proprio interesse. Ed ora finisco, perché stasera l’ora si è fatta più tarda del solito. Ma spero che non sarà stato tempo perduto. Buona notte!
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