lunedì 2 maggio 2011

diciottesima puntata

Questa sera parleremo di nemici ben più diffusi, incominciò il Cavaliere, li troviamo fra i nemici vegetali. Per ricordare solo i principalissimi, incomincio dal famoso Oidio o Crittogama della vite ( Oidium Tuckeri).
Tutti voi conoscete questa gravissima malattia, che danneggia specialmente i grappoli, facendone spaccare e disseccare gli acini: Voi sapete che si combatte con lo zolfo in polvere. Quello che voglio raccomandarvi è di ricorrere a zolfo di ottima qualità, cioè di grande finezza, e di purezza elevata; in secondo luogo di scegliere dei buoni apparecchi solfatori.













Oggi vi sono delle solforatrici a zaino, che permettono di realizzare una notevolissima economia di mano d’opera e di zolfo, e di distribuire questo con la maggior uniformità. Ancora bisogna por mente all’epoca e al numero delle solforazioni. Di solito una prima solforazione è bene farla quando i germogli sono lunghi 8/10 centimetri. Questa si fa con zolfo ramato, che ha un’efficacia contro un’altra malattia che vedremo in seguito. Una seconda, pure con zolfo ramato, si fa durante la fioritura della vite. Una terza quando il frutto è allegato ed è grosso come un pisello. Questa si può fare con zolfo semplice; e così anche quelle che si rendessero necessarie dopo stanno momento.
Giacché il numero di questi trattamenti non può essere sempre uguale, ma dipende dall’andamento della stagione e dallo sviluppo della malattia. Superfluo avvertire che bisogna evitare le giornate di vento.















L’altro malanno, pure notissimo, è la Peronospora (Plasmopara viticola). Voi tutti sapete com’essa si presenta: sulle foglie produce delle macchie caratteristiche, candide inferiormente, gialle e poi brune superiormente; sui tralci dà luogo a delle macchie brunastre; sui grappoli può colpire gli acini, facendo loro assumere un colore cuoio, o i raspi, facendoli sembrare allessati. I rimedi contro la peronospora son tutti a base di composti di rame. Il più noto è la cosiddetta poltiglia bordolese, costituita da 1 kg di solfato di rame e 1 kg di calce sciolti in 1 ettolitro di acqua. Per essere sicuri che la poltiglia sia ben fatta si può ricorrere all’uso di certe cartine dette alla fenoftaleina, immergendole di tanto in tanto nella soluzione di solfato di rame ed aggiungendo in questa la soluzione di solfato di rame ed aggiungendo in questa la soluzione di calce fino a che la cartina incomincia a diventar rosa. Un rimedio che oggi va acquistando molte simpatie fra i viticoltori, perché toglie dall’imbarazzo della preparazione di questa poltiglia, è la cosiddetta Pasta Caffaro, che è a base di ossicloruro di rame, e che, sciolta nell’acqua, da una poltiglia che si usa come la bordolese. Inoltre, ottimo rimedio, complementare, soprattutto per proteggere i teneri grappolini, è lo zolfo ramato al 3 o 5 per cento, di cui si parlava poco fa.

Ciò che ha molta importanza per un’efficace lotta contro la peronospora, è l’eseguire i trattamenti a tempo debito e con molta diligenza. Per quanto riguarda l’epoca, il primo trattamento è quello con lo zolfo ramato sui germogli lunghi 8-10 centimetri di cui abbiam già detto. Un secondo da farsi una ventina di giorni dopo con le poltiglie liquide; subito dopo si farà il 2° trattamento con zolfo ricordato parlando dell’oidio. Poi i trattamenti liquidi si dovran ripetere quante volte l’andamento della stagione, favorevole alla malattia, li renderà necessari, tenendo presente che sarà sempre opportuno fare un’irrorazione subito dopo la caduta della corolla dei fiori, ed un’altra al momento della mietitura. Si comprende che, se subito dopo un trattamento cada una pioggia violenta, bisognerà rinnovarlo. Ho detto che questi trattamenti devono essere fatti con diligenza. Occorrono innanzi tutto delle buone pompe irroratrici, capaci di far una minuta e uniforme polverizzazione del liquido. Occorre aver dei buoni operai, che badino a far cadere il liquido su ambo le pagine delle foglie e sui grappoli; che procedano di un passo regolare e non troppo rapido. In questa lotta, il voler economizzare sulla qualità degli apparecchi o di rimedi, o di voler fare troppo presto. È la peggiore delle speculazioni.



Un’altra malattia, fortunatamente meno diffusa delle precedenti, ma che tuttavia è bene ricordare, è l’Antracnosi ( Gloeosporium ampelophagum ): Essa si presenta sotto forma di postule a margini neri e sollevati, con la parte interna di colore bruno. Queste macchie si trovano sui germogli, sulle foglie , sui grappolini in fiore e sugli acini d’uva già sviluppati. Naturalmente, se gli organi colpiti sono molto teneri, essi disseccano; in caso diverso restano più o meno imperfetti e possono svilupparsi regolarmente. Sullo sviluppo di questa malattia influisce molto l’umidità dell’ambiente. Perciò uno dei migliori mezzi per prevenirla è quello di evitare che nel vigneto ristagni umidità, e, dove questa minaccia d’essere eccessiva, di allevare alte le viti. Come rimedi, molto indicato durante il riposo della vegetazione, appena fatta la potatura pennellare le ferite, i tralci ed il ceppo, con una soluzione di 25 kg di solfato ferroso, e da 3 a 5 kg di acido solforico in 1 ettolitro di acqua. E’ bene fare un paio di pennellature alla distanza di 10-15 giorni. Di rimedi curativi, propriamente detti, non se ne conoscono di sicuramente efficaci.

Una malattia che purtroppo non è rara è il Marciume radicale ( Dematophora necatrix-Armillaria mellea ). Le viti colpite da questo malanno accusano segni manifesti di sofferenza, vegetazione meschina e raggrinzita, aspetto del ceppo cespuglioso. Le radici son più o meno profondamente marcite, con odore di funghi freschi; su di esse non è difficile trovare una sorta una sorta di filamenti biancastri.

Talora dopo le piogge autunnali, ai piedi dei ceppi compaiono, dei gruppi di piccoli funghi a cappello, giallognoli. Purtroppo quando la vite è colpita da marciume non resta che estirparla al più presto. Poi occorre ben disinfettare il terreno, lavorandolo profondamente, mescolandovi forti dosi di calce viva, o anche irrorandolo abbondantemente son soluzioni di solfato di rame al 3%, oppure iniettandovi 70-80 grammi di solfuro di carbonio per metro quadrato. Sarà poi sempre prudente non ripiantarvi le viti prima di due o tre anni.

Anche più frequente è un’altra malattia: la Muffa grigia dell’uva (botrytis cinerea ), che voi purtroppo trovate di sovente sui vostri grappoli negli autunni piovosi. Voi sapete come, quando si sviluppi in abbondanza, essa possa distruggere buona parte del raccolto, e come anche quel poco che rimane dia un vino di pessima qualità.

Rimedi sicuri disgraziatamente, non se ne conoscono. Si possono tentare delle polverizzazioni con una miscela di: calce stacciata, parti 85 e permanganato di potassio in polvere, parti 15; oppure: bisolfito di calcio, parti 10 e argilla in polvere, parti 90. Due parole ancora su qualche malattia dell’ultimo gruppo: quelle cioè che non son dovute agli attacchi di nemici, ne animali ne vegetali; quelle in una parola che si dicono : malattie fisiologiche.
Una delle più importanti di queste è certamente la cosiddetta: Clorosi.
Essa si manifesta con un ingiallimento più o meno marcato delle foglie della pianta. Nella maggior parte dei casi è dovuta al cattivo adattamento delle viti americane al calcare contenuto in quantità eccessiva nel terreno. Per difendersi da questo malanno, è bene innanzitutto scegliere viti che ben si adattino al terreno ( ricordatevi quanto si diceva l’altra sera). Ma se ormai la malattia s’è manifestata, bisogna cercare di curarla. Ciò si può fare seguendo il metodo consigliato dal dottor Rességuier; cioè spennellando il ceppo, i tralci e le ferite, subito dopo la potatura, con una soluzione di solfato ferroso al 40%. Buone anche le irrorazioni alle foglie con soluzioni al ½ % di solfato ferroso. E’ bene anche sotterrare ai piedi delle viti da 100 a 300 grammi di solfato ferroso in cristalli.
Una malattia ben più preoccupante, perché finora non se ne conosce la vera causa, è il Roncet, di cui già un’altra volta vi ho fatto parola. Esso si manifesta con un accorciamento singolare dei tralci (donde il nome francese di court noué ), con un frastagliamento anche più strano delle foglie, una infecondità ed una debolezza grave di tutta la pianta, che in pochi anni finisce col morire. Questo malanno è purtroppo assai frequente su certe viti americane ( specialmente sulla Rupestris du Lot ), ed anche su alcuni vitigni nostrani, come la Barbera, che, quand’è cosi malata, si dice riccia.

Quel che è peggio è che, finora, non si conosce ancora un rimedio sicuro. Per ora non c’è che di evitare di prendere, per far talee, dei tralci da ceppi anche solo sospetti di roncet; e di non ripiantar subito un’altra vite dove una è morta per questa malattia. Lasciate invece una buca aperta, in modo che il terreno senta l’azione dei calori estivi e dei freddi invernali, e seminatevi, se volete, per un anno o due dei cereali, prima di rimettervi le viti.
Un altro malanno, che può esser dovuto a cause diverse, è la colatura o aborto dei fiori. Voi sapete che in certe annate, disgraziatamente, dopo una promettentissima fioritura si finisce col restare con pochi e meschini grappoli d’uva. Il male può essere dovuto ad una sovrabbondanza di succhi molto acquosi nella vite, sovrabbondanza per lo più favorita da una primavera piovosa. Per cercar di evitare questa colatura, non c’è che da ricorrere all’incisione anulare, ed alle pratiche analoghe come il salasso. Ma la perdita o l’aborto dei fiori può essere dovuto a difetto dei fiori stessi; per esempio, alla sterilità del polline, la quale si verifica abitualmente negli stami ritorti in basso. Allora si può ricorrere all’impollinazione artificiale, raccogliendo una buona provvista di polline ( cioè di quella polverina gialla) da fiori di viti normali, e andando a spargerlo con un soffietto di gomma sopra i grappoli delle viti difettose. L’effetto è per lo più eccellente.

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